In mezzo, tra l'opprimente certezza della vita d'ufficio e l'incendiaria incertezza della partita IV
In mezzo, tra l'opprimente certezza della vita d'ufficio e l'incendiaria incertezza della partita IVA, c'è stata Cagliari. La Sardegna a fine ottobre era così, accarezzata dalla brezza e benedetta dai cieli turchini; un posto dove scegliere di vivere e lavorare, non solo una foto su un catalogo di vacanze. Sì perché tra l'orrore plumbeo della routine milanese e il chiosco di banane ai Caraibi c'è un'ampia scala dei grigi in cui rientrano diverse città italiane di media grandezza, luoghi dove la vita è tutt'altro che grigia ma di gran lunga più bella, e agli abitanti non viene voglia né di trasferirsi a Lambrate in cerca di fortuna né di mollare tutto e inaugurare un chiringuito/agriturismo/orto biologico/Toto Cutugno. Mi è sembrato che a Cagliari fosse già tutto ‘biologico’ in senso lato: ritmi scanditi ma non serrati, grandi sorrisi, gente in pausa caffè col naso all'insù per annusare il mare. La terza via, dunque, esiste: non occorre restare irrimediabilmente inchiodati né fuggire il più lontano possibile, ma trovare una dimensione 'altra’ che risvegli la fantasia senza scollegarla dal retroterra, che dia spazio a nozioni nuove che non rinneghino le vecchie ma si accumulino, crescano, fioriscano nuovamente. Ho dovuto volare nella terra di mezzo di Cagliari, fisicamente e metaforicamente, per poi tornare nel continente e scoprire che fra il lavoro dei sogni e la segretaria dei baroni universitari non c'è il vuoto cosmico ma c'è, per esempio, la scuola del montaggio, non sovietica, tutta milanese. Ha già dato qualche frutto; ora staremo a vedere e, soprattutto, staremo a imparare. Ché tanto lo sanno tutti che, di far quello, non si finisce mai. Ah, giusto per: quella dell'ultima foto è piazza Sant'Alessandro. A Milano. La vita non fa mica tanto schifo neanche qui. -- source link