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Invece Matisse vecchio e sofferente aveva trovato un suo metodo estremamente chic per esprimere “una specie di joie de vivre” a ottant'anni passati. Ritagliava con pazienza le sue solite incantevoli forme - simili a mani e foglie di ficus e pomodori e fiori o cuori di carte da gioco - nei grandi fogli gialli e celesti, arancione e verdini; e con questi colorini puri e semplici creava praticamente un'equivalenza grafica della poesia di Valéry, con grazia, eleganza, ‘Azur’ e tutto.Il vecchio artista ripeteva: “In un albero nessuna fogllia è uguale alle altre, eppure ciascuna grida forte il nome dello stesso albero”; e queste “Grandes gouaches decoupées”, che sono l'estrema chicca della sua operosità, si vedono con allegra tenerezza collocate al loro posto giusto, al Musée des Arts Décoratifs, nel cuore di una civiltà del gusto dove una manciata di frammenti di carta lucida può diventare quasi naturalmente vetrata o pianeta, suscitare frivolezza e religiosità, e trasformarsi in arte 'minore’ come le migliori tappezzerie e lo champagne. (Henri Matisse ad Alberto Arbasino, in “Vagues”, da Parigi O Cara, Adelphi) -- source link
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