“NON CHIAMATELI "SCEMI DI GUERRA”.Ce n'era uno quasi in ogni famiglia.
“NON CHIAMATELI "SCEMI DI GUERRA”.Ce n'era uno quasi in ogni famiglia. Erano l'eredità (a lungo rimossa) della Prima guerra mondiale: uomini tornati dal fronte sotto shock, con gravi disturbi mentali.Durante e dopo la Prima Guerra Mondiale migliaia di soldati furono ricoverati per disturbi mentali: negli ospedali si trovavano reduci estraniati e muti, che camminavano come automi, con i muscoli irrigiditi.La gente li chiamava ingiustamente “scemi di guerra”. Ma chi erano davvero?Le cartelle cliniche parlavano di “tremori irrefrenabili”, di “ipersensibilità al rumore”, di “uomini inespressivi, che volgono intorno a sé lo sguardo come uccelli chiusi in gabbia, che camminano con le mani penzoloni e piangono in silenzio o che mangiano quello che capita, cenere, immondizia, terra”.In Italia, quella dei traumi psichici conseguenti alla Grande guerra, fu una pagina presto chiusa e rimossa. E se circa 40.000 uomini con disturbi mentali finirono rinchiusi nei manicomi statali, una quantità ben più numerosa fece ritorno a casa e in quelle condizioni fu accolta dalle loro famiglie.E fu qui, anche per prendere le distanze dal carico emotivo di quegli sguardi assenti e per poter ricominciare a vivere dopo il trauma collettivo dell’esperienza bellica, che la gente prese a chiamare quei giovani uomini con un termine feroce e ingiusto: “scemi di guerra”.“Da la pagina "La classe operaia va in paradiso “ -- source link